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Le tessere del mosaico Friuli Venezia Giulia

Koščki mozaika Furlanije-Julijske krajine

Roma 15 . 01 . 1985

POVZETEK | ESTRATTO

ita

Un convegno dell'Istituto Gramsci a Udine sul futuro di una complessa regione di frontiera.
Un invito a ragionare in termini di comunità e non di sezioni territoriali è venuto dal sociologo Darko Bratina. Con i friulani e i giuliani convivono gli sloveni e nessuno di costoro può venir recintato in isole non comunicanti. Ecco perché il discorso sulle minoranze deve passare dalla salvaguardia passiva alla valorizzazione di culture come risorse e arricchimento per l'intera regione.

slo

Vabilo k razmišljanju v smislu skupnosti in ne ozemeljskih delitev, prihaja od sociologa Darka Bratine. S Furlani in prebivalci Julijske krajine živijo tudi Slovenci in nihče od njih ne more biti razdeljen na otoke, ki med seboj ne komunicirajo. To je razlog, da mora razprava o manjšinah preiti od pasivne zaščite k vrednotenju kultur kot virov obogatitve za vso deželno skupnost.

ARTICOLO ESTRATTO DA "L'UNITÀ"

UDINE — «Ma chi ha detto che dobbiamo per forza dividerci? Se invece di scontrarci sulle dispute ideologiche, di fare e disfare nuovi assetti istituzionali, provassimo a misurarci sui problemi concreti del Friuli Venezia Giulia, sugli obiettivi che ci accomunano? Carlo Tullio Altan, docente di antropologia all’Università di Trieste, si è rivolto così, con disarmante schiettezza, agli studiosi, agli imprenditori, agli esponenti politici riuniti a Udine su invito dell’Istituto Gramsci regionale. I nodi da affrontare sono tanti: la contrapposizione tra il Friuli e Trieste, la diversità delle realtà economiche, il destino delle minoranze, il ruolo della Regione tra unità e complessità, tra programmazione e autonomie, tra vocazione internazionale e localismi. Ma Altan parte dai fatti, oltre i conflitti di mentalità, le valenze emotive, le chiusure che spingono al separatismo, alla rottura. In realtà le componenti territoriali di questa regione sono diverse ma complementari: questo non è un dato naturale, un fatto scontato, ma una conquista, una costruzione attiva, politica. economica e culturale ad un tempo.

Le due giornate di dibattito hanno dato ragione a questa impostazione, evidenziando molte questioni da risolvere insieme, scuotendo pregiudiziali, mettendo in comunicazione esperienze e interessi mossisi finora nel segno della separatezza. Ciò è emerso nitidamente soprattutto sul terreno dell’economia. Che senso ha, in tempi di sconvolgenti trasformazioni, dividersi e rinchiudersi in modeste entità amministrative, perdendo autorevolezza nei confronti dello Stato e dell’Europa? Solo in una visione di integrazione regionale — ha osservato l’on. Cuffaro — si può sviluppare un discorso di cooperazione industriale con gli altri paesi, sviluppare la portualità, riqualificare il sistema produttivo in raccordo con gli istituti di ricerca esistenti ma spesso trascurati. Un’esigenza, questa, che l’imprenditoria più dinamica ha dimostrato di saper comprendere. Perché allora attardarsi a voler sdoppiare il Friuli Venezia Giulia in due Regioni o a proporre confuse aggregazioni «friulaniste» a livello di Province? È un discorso vecchio e velleitario.

«Se ci dividessimo perderemmo autorevolezza verso lo Stato e l’Europa»

Le legittime esigenze di autonomia (il ruolo di Trieste, la minoranza nazionale slovena, la lingua e la cultura friulana, i poteri degli enti locali) possono trovare soluzione nel quadro della realtà regionale unitaria. I comunisti riaffermano questa scelta di unità — ha sottolineato il segretario regionale Roberto Viezzi — e la proiettano in una strategia di lotta al sistema di potere attuale, alle sue deformazioni centralistiche per dare una risposta avanzata alle richieste di autogoverno. È il momento della programmazione per progetti, ha sollecitato il capogruppo comunista Renzo Pascolai e lo ha poi ammesso il vice presidente della giunta, il socialista Zanfagnini. Il dinamismo recente dell’industria friulana («un popolo di contadini — ha notato compiaciuto il presidente degli industriali Andrea Pittini — si è fatto in questi anni 6 mila posti barca») non nasconde limiti e contraddizioni. Roberto Grandinetti ha ricordato la polverizzazione delle aziende, la riduzione degli occupati, le lacerazioni sociali, il degrado della montagna. Sul versante pordenonese la caduta del gigante Zanussi in un contesto sociale prevalentemente agricolo è stata documentata da Giovanni Zanolin.

«[…] il discorso sulle minoranze deve passare dalla salvaguardia passiva alla valorizzazione di culture come risorse e arricchimento per l’intera regione»

Darko Bratina

E Trieste? Il capoluogo, stretto tra l’invecchiamento della popolazione e il declino dell’industria pubblica, ha bisogno di nuovi sbocchi. Per l’economista Sergio Parrinello, dell’Università di Roma, il terziario va orientato in termini funzionali all’industria friulana; una politica di integrazione è necessaria anche per i centri di ricerca e gli atenei. Ma bisogna darsi da fare, produrre idee e iniziative, non attendere soluzioni dall’esterno. Un invito a ragionare in termini di comunità e non di sezioni territoriali è venuto dal sociologo Darko Bratina. Con i friulani e i giuliani convivono gli sloveni e nessuno di costoro può venir recintato in isole non comunicanti. Ecco perché il discorso sulle minoranze deve passare dalla salvaguardia passiva alla valorizzazione di culture come risorse e arricchimento per l’intera regione.

La complessità e la diversità, insomma, non sono impacci da cui liberarsi andando ciascuno per la propria strada. Possono divenire fattore di progresso e di civiltà. Questo ha testimoniato il convegno del «Gramsci», offrendo alle forze politiche (almeno a quelle che hanno voglia di ascoltare) spunti stimolanti di iniziativa.

Fabio Inwinkl

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