vizije | Visions

Tricolor, the value of a symbol

Trobojnica, vrednost simbola

Roma 07 . 01 . 2003

POVZETEK | EXCERPT

eng

A great theorist and politician of ethnic cohabitation, prematurely missed, Senator Darko Bratina, Italian and Slovenian, said that the sense of national identity is like body temperature; that it should be neither too high nor too low to indicate good health. That is why Bratina would probably have shared the efforts and concerns of our President.

slo

Darko Bratina, Italijan in Slovenec, velik teoretik in politik etničnega sožitja, ki je prezgodaj umrl, je trdil, da lahko občutek narodne identitete primerjamo s telesno temperaturo: za dobro počutje ne sme biti ne previsok ne prenizek. Zaradi tega bi Bratina verjetno delil prizadevanja in skrbi našega predsednika.

ARTICLE FROM NEWSPAPER "L'UNITÀ"

L’unità nazionale, che è storica e istituzionale, non può essere confusa con quella politica, e nemmeno con una legittimazione reciproca che non può essere regalata.

La bandiera, però, è stata storicamente connotata come vicina al nazionalismo oltre che alla nazione. In questo senso rappresenta ciò che distingue, talora ciò che si contrappone, non mai ciò che unisce, al di là delle proprie frontiere. Per questo, almeno nel nostro paese, è più facilmente assimilabile a destra, ove talora se ne è abusato, che non a sinistra, ove spesso si dimentica che proprio la Resistenza, intesa come secondo risorgimento, la ha sempre rivendicata. È quanto preoccupa il nostro Presidente, peraltro illustre europeista, quando non perde occasione per sottolineare il bisogno di unità nazionale, l’esistenza di un patrimonio storico comune e, di conseguenza, di una comune simbologia di appartenenza; che si tratti dell’inno di Mameli, cantato a piena voce o, per l’appunto, del Tricolore. Diceva un grande teorico e politico della convivenza etnica, prematuramente mancato, il senatore Darko Bratina, italiano e sloveno, che il senso di identità nazionale è come la temperatura del corpo; che non deve essere né troppo alta né troppo bassa per indicare buona salute. Per questa ragione probabilmente Bratina avrebbe condiviso gli sforzi e le preoccupazioni del nostro Presidente. Anche se nessuno può parlare a nome di Bratina, mi permetto due considerazioni. La prima: l’unità nazionale, che è storica e istituzionale, non può essere confusa con quella politica, addirittura malsana in un sistema democratico (e fin qui siamo quasi tutti d’accordo, almeno a parole), ma nemmeno con una legittimazione reciproca che non può essere regalata o, ancor peggio, oggetto di contrattazione tra le parti politiche.

“Il senso di identità nazionale è come la temperatura del corpo. E appunto la temperatura non deve essere né troppo alta né troppo bassa per indicare buona salute”

Senatore Darko Bratina

Ciascuna di esse se la deve meritare di fronte al popolo sovrano, con l’osservanza dei diritti e delle regole democratiche come formulate dalla Costituzione, quella vigente, che può essere modificata secondo le procedure previste, mai diventare oggetto di scambio in nome di cosiddette operazioni politiche. La seconda osservazione riguarda più direttamente il simbolo, la bandiera, anche in senso materiale. Avrete tutti notato che, da quando per gli uffici pubblici è diventato obbligo esporla, troppo spesso essa pende dalle finestre o dai balconi, giorno e notte, come uno straccio sporco, non raramente stracciato non dalle pallottole dal nemico (per fortuna), ma dallo smog delle nostre città e dalla pigra trascuratezza di chi dovrebbe averne cura. Questo semplice fatto – sfido chiunque a contestarlo, dati alla mano – significa che gli italiani, senza distinzioni tra destra e sinistra, diffidano o quantomeno non sentono come propri simboli, cerimonie, tradizioni che i loro stessi proponenti (il presidente Ciampi è un eccezione), talora i cittadini stessi non hanno ancora (e sottolineo ancora) meritato. In questa diffidenza, che va al di là di differenze politiche che pure pesano, si iscrive il vero nodo storico e politico ancora irrisolto: che è il distacco tra classe dirigente (non solo politica: la Fiat insegni) e popolo, tra governanti e cittadini, tra pubblica amministrazione e utenza. È la lunga, anche nobile, sempre dolorosa storia – segnata da Caporetto, 8 settembre e Tangentopoli – di un popolo che ancora lotta per auto governarsi in una forma più compiutamente democratica e più rispettosa dei diritti di cittadinanza. È una storia che, inutile nasconderlo, oggi attraversa una fase involutiva e che non ammette scorciatoie; che si tratti di bicamerali vecchie o nuove, tricolori ed inni nazionali. I quali, invece, riacquistano significato ogni volta che vengono esposti e cantati da tutti coloro che, nei fatti, dimostrano di crederci, almeno un poco.

Gian Giacomo Migone

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